IS

Casi & Pareri

Ricerca:
Nel titolo Nel sommario
Nella domanda Nella risposta
Area tematica:
Data:
dal
al
Regione:
Argomenti:
(Tenere premuto CTRL durante la selezione per effettuare una scelta multipla)
Riferimenti normativi:
Gli argomenti più ricercati

    Ultime novità

    Data
    Pertinenza
    [1-25] di 41895

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Possibilità di utilizzare un permesso breve dopo la partecipazione a un’assemblea sindacale nella stessa giornata lavorativa...
  • L'articolo 31, comma 1 del CCNL 18/01/2024 attribuisce ai dipendenti il diritto di partecipare alle assemblee sindacali "durante l'orario di lavoro", nel limite individuale di dieci ore annue pro capite. Il successivo comma 2 prevede l'ulteriore limitazione a due del numero delle assemblee che è possibile indire al mese in ciascuna istituzione scolastica e per ciascuna categoria di personale (ATA e docenti). Il tenore della norma fa sì che il tempo di svolgimento dell'assemblea debba essere considerato orario di lavoro a tutti gli effetti, con relative conseguenze in merito alla possibilità di fruire dei permessi brevi di cui all'articolo 16 del CCNL 29/11/2007. Ricordiamo che tali permessi possono essere fruiti nel limite massimo della metà dell'orario giornaliero e, per il personale docente, comunque per non più di due ore, fermo restando il limite annuo corrispondente all'orario settimanale di insegnamento o di servizio. Pertanto, dovendo l'orario dell'assemblea essere considerato orario di lavoro, la metà dell'orario di lavoro giornaliero andrà calcolata comprendendo in questo anche l'intera durata dell'assemblea. Nell'esempio di cui al quesito, ovvero di 3 ore di servizio compresa l'assemblea di 2 ore, il dipendente potrà pertanto fruire di un permesso breve di un'ora, di fatto non svolgendo la propria prestazione lavorativa per l'intera giornata. Ad ogni modo, mentre la partecipazione alle assemblee sindacali, in orario di servizio, è un diritto del dipendente (sia pure nei limiti sopra ricordati), la fruizione dei permessi brevi, invece, non lo è affatto. Il comma 1 dell'articolo 16 del CCNL 29/11/2007, infatti, subordina espressamente tale fruizione alla compatibilità con le esigenze di servizio. Per il personale docente, in particolare, il comma 5 del medesimo articolo subordina la fruizione dei permessi brevi alla possibilità di sostituzione con personale in servizio. In conclusione, la richiesta, da parte del dipendente, di un permesso breve nella stessa giornata di partecipazione all'assemblea è legittima e il limite della metà dell'orario giornaliero va calcolato comprendendo la durata dell'assemblea. Tuttavia, l'amministrazione, per esigenze di servizio ovvero, per il personale docente, in caso di impossibilità di sostituzione con personale in servizio, può negarne la fruizione.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Ripartizione e calcolo delle attività collegiali per una docenti di religione con spezzone orario e completamento in una scuola paritaria...
  • Come sostenuto in altri pareri presenti in banca dati, è corretta prassi che al personale docente titolare di uno spezzone si applichi il criterio di proporzionalità che in linea di massima trova applicazione per i titolari di contratti part-time (sulla questione della determinazione del numero di ore di attività funzionali all’insegnamento del docente in part–time, alla luce della nota sentenza della Corte di Cassazione del 2019, si dirà in seguito). Del resto, nel CCNL di comparto – deputato alla disciplina del rapporto di lavoro ex art. 40, comma 1 del D.Lgs. n. 165/2001 – non esiste una terza via tra il contratto a tempo pieno e il contratto a tempo parziale né una apposita regolamentazione, diversa da quella propria dei docenti part time, riservata a chi è titolare di uno spezzone. Dunque, a quest’ultimo non può che applicarsi la disciplina propria dei docenti con contratto a tempo parziale. Per quanto attiene poi ai docenti con spezzone impegnati in due o più scuole, anche qui la prassi consiste nella determinazione del numero di ore di attività funzionali in ciascuna scuola secondo il criterio di proporzionalità, ferma restando la possibilità di arrotondamenti e aggiustamenti correttivi d’intesa tra i dirigenti delle scuole. Quanto alle ore dovute per attività funzionali da chi è titolare di uno spezzone, dunque, non può che ribadirsi l’applicabilità del regime proprio dei docenti part time che andiamo brevemente a riassumere. Il CCNL del comparto istruzione e ricerca 2019-2021, per quanto attiene alle attività funzionali all’insegnamento, ha riprodotto nell’art. 44 il disposto dell’art. 29 del CCNL comparto scuola 2007. Inoltre, il riferimento normativo per la quantificazione delle ore di attività funzionali all’insegnamento dovute dal docente in part-time è tuttora costituito dall’art. 7, comma 7 dell’O.M. n. 446/1997 secondo cui “le ore relative alle attività funzionali all’insegnamento sono determinate, di norma, in misura proporzionale all’orario di insegnamento stabilito per l’orario a tempo parziale”, tanto che l’applicazione del principio di proporzionalità è previsto solo per le attività funzionali all’insegnamento di cui alla lettera b) (partecipazione alle riunioni dei consigli di classe) del comma 3 dell’art. 29 (id est, l’art. 44 del CCNL attualmente vigente, 2019-2021). Per giunta, qualche anno fa, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7320 del 14/7/2019, decidendo una vertenza sulla questione della collocazione giornaliera degli impegni di servizio in attività funzionali del docente in part-time, ha precisato: “ Il personale docente del comparto della scuola assunto con contratto a tempo parziale, sulla base delle disposizioni dettate dai CCNL 4/8/1995, art. 46, 24/7/2003, art. 35 e 29/11/2007, art. 39 (rectius, art. 29, n.d.r.) nonché dall’O.M. 23/7/1997, art. 7 , ha l’obbligo di svolgere le attività funzionali all’insegnamento di carattere collegiale, di cui agli articoli 42, comma 3 lettera a) CCNL 1995, 27 comma 3 lett. a), CCNL 2003, art. 29 comma 3 lett.a) CCNL 2007 con le stesse modalità previste per i docenti a tempo pieno e, in caso di part-time verticale o misto, è tenuto a partecipare all’attività collegiale anche se la convocazione è disposta in giorni della settimana non coincidenti con quelli stabiliti per l’insegnamento”. Alla luce di quanto precede, si può concludere che: - le ore per attività funzionali di un docente titolare di spezzone vengono determinate – per quanto riguarda la lettera b) del comma 3 dell’art. 44 del CCNL comparto istruzione e ricerca 2019-2021 – in proporzione all’orario di insegnamento, mentre non subiscono alcuna rimodulazione o riproporzionamento con riferimento alla lettera a) della disposizione contrattuale citata; - per quanto riguarda le prime, esse saranno dunque determinate dal risultato della seguente proporzione: 10,5 (orario del docente): 25 (orario di un docente full time)=x:40. Ciò implica che il docente sia tenuto a prestare solo 16,8 ore (arrotondate a 17) di attività funzionali riconducibili alla lettera b) del comma 3 dell’art. 44 del CCNL 2019-2021; - tale monte orario potrà subire degli aggiustamenti in virtù delle ore di attività funzionali che il docente è tenuto a svolgere nella scuola paritaria, al pari di quanto avviene nel caso in cui un docente presti servizio su più scuole pubbliche.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Affidamento del servizio di trasporto per uscite e viaggi: difficoltà nella creazione di una RDO Evoluta su MEPA e nel rilascio del CIG...
  • Confermiamo che da giorni la piattaforma restituisce costanti errori che impediscono di prendere anche i CIG per gli affidamenti più semplici, con ricorrenza del tutto imprevedibile. Quanto agli altri quesiti, la procedura indicata è corretta, anche se il quesito non contiene tutti i dati per rispondere: stiamo dando per scontato che si tratti di un affidamento per il quale è necessario attribuire punteggio tecnico (di qui il criterio dell’OEPV). Allo stato, considerando che problemi simili sono incontrati dalle Istituzioni Scolastiche nell’utliizzo di – a nostra conoscenza – qualunque tipo di scheda ANAC, sembra che occorra attendere il ripristino del sistema: anche mentre scriviamo notiamo l’avviso “Indisponibilità del Portale e di tutti i servizi e gli strumenti ad esso connessi per attività di manutenzione straordinaria”.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Autorizzazione per entrate ritardate e uscite anticipate degli studenti minorenni: possibilità di richiesta unica per l’intero anno scolastico...
  • La gestione della responsabilità da vigilanza per gli studenti di età compresa tra 14 e 18 anni al momento dell'uscita da scuola non ha una disciplina specifica, per cui è opportuno che la scuola regolamenti questo aspetto. Nelle scuole secondarie di secondo grado, è infatti diffusa prassi che gli studenti ultraquattordicenni possano uscire autonomamente al termine delle lezioni, anche qualora l’orario subisca delle variazioni rispetto all’ordinaria pianificazione. Ciò si fonda sul loro maggiore grado di autonomia e sulla presunzione di capacità di autodeterminazione e di intendere e di volere che, secondo il senso comune, inizia a configurarsi dai 14 anni, ritenuti uno sbarramento rilevante per il diritto penale (art.97; 98; 120 e ss Cod.Pen.) e per il diritto civile (art.244; 250; 264 Cod.Civ.). La soglia del 14esimo anno è connessa all’assoluta incapacità che permane fino al suo compimento (si veda l’artt. 97 e 591 Cod.Pen.). Come noto vi è una normativa specifica che ha regolato la responsabilità per l’uscita da scuola degli studenti minori di anni 14, ovvero l’art.19 bis del D.L. n. 148/2017 che consente ai genitori dei minori di 14 anni di autorizzare la scuola a consentirne l'uscita autonoma al termine ordinario delle lezioni, esonerando così il personale scolastico dalla responsabilità connessa all'obbligo di vigilanza all'uscita in relazione al tragitto scuola-casa. L'esistenza di una norma specifica per i minori di 14 anni rafforza l'orientamento secondo cui, per gli ultraquattordicenni, l'uscita autonoma è la regola, salvo disposizioni diverse deliberate a livello d'istituto e in linea con le indicazioni dei genitori, in considerazione della loro età e del naturale percorso di autoresponsabilizzazione. La Cassazione con la sentenza n. 14701 Sez. III civ., del 19 luglio 2016 ha peraltro ribadito che l'obbligo di vigilanza degli insegnanti non ha carattere assoluto e che il suo esercizio e contenuto sono inversamente proporzionali all'età e al grado di maturazione degli alunni, differenziando secondo criteri di ragionevolezza la vigilanza tra un bambino e un ragazzo ultraquattordicenne. Inoltre si deve considerare che, compiuti i 14 anni, il minore si presume, previo accertamento, capace di intendere e di volere e capacità di discernimento (rif. art. 2046 Codi.Civ.) e pertanto capace di rispondere personalmente dei suoi atti illeciti al punto che il risarcimento potrebbe esser posto a carico del suo patrimonio, se esistente. Pertanto per gli alunni di età maggiore di 14 anni la facoltà di autorizzare l’uscita autonoma è sempre esercitabile dalle famiglie, ma ne va prevista la regolamentazione attraverso il regolamento d'istituto, ove è ben possibile prevedere il rilascio di un unico modulo per tutto l’anno, debitamente completo con tutte le informazioni relative anche alle possibili casistiche di variazioni improvvise degli orari ordinari di uscita e ingresso, di cui comunque si deve continuare a dare notizia tramite apposito avviso (ad esempio in caso di sciopero o di assenze non coperte da supplenze dei docenti). Sebbene per gli ultraquattordicenni l'uscita autonoma sia considerata implicita, è sempre buona prassi che la scuola acquisisca una dichiarazione , la c.d. "autorizzazione all'uscita autonoma", da parte dei genitori, che attesti la loro volontà e consapevolezza di consentire l'uscita autonoma del figlio, anche se tale atto non esonera completamente la scuola dalla responsabilità in caso di culpa in vigilando provata. Si suggerisce pertanto di raccogliere le autorizzazioni generali all’uscita autonoma da inizio anno, ma anche di proseguire nell’avviso sul registro ogni qualvolta vi sia una variazione dell’uscita o dell’ingresso a scuola rispetto agli orari ordinari. Non si tratta di un appesantimento burocratico, bensì di una tutela della scuola che comunque è tenuta da informare i genitori degli studenti minorenni delle variazioni orarie rispetto all’ordinarietà. Si evidenzia infatti che, a margine delle presunzioni relative alla maturità psichica degli studenti ultraquattordicenni, essi restano comunque minori e la loro capacità effettiva, in caso di eventi dannosi va sempre verificata. Noi, per tradizione, abbiamo sempre detto di cercare di usare il più possibile la spunta sul registro elettronico, perché attraverso la App del registro è possibile fare questa operazione molto rapidamente ed è una presa visione di una comunicazione della scuola. In questo quadro, è utile anche richiamare periodicamente le famiglie alla consultazione del registro e dei relativi avvisi. In generale, visto che in caso di infortunio e di relativo contenzioso i giudici andranno a controllare, di volta in volta, cosa è successo in concreto, più la scuola può dimostrare di aver informato le famiglie e meglio ci si difende.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Podcast e radio scolastica: gestione dei dati personali vocali degli studenti e adempimenti privacy per le istituzioni scolastiche...
  • In merito alla realizzazione di podcast da parte degli alunni, occorre considerare – come affermato nel quesito – che la registrazione della voce costituisce un dato personale e il suo trattamento deve rispettare dunque i principi di liceità, correttezza e trasparenza. Il tema è sicuramente "borderline" tanto che siamo a conoscenza del fatto che diverse scuole utilizzano software per "camuffare" le voci e renderle non riconoscibili. Le istituzioni scolastiche, in quanto soggetti pubblici, trattano i dati personali per il perseguimento delle loro finalità istituzionali legate all'istruzione e alla formazione. Non è ammesso il consenso per le attività strettamente connesse a tali finalità, ma è sempre necessaria l'adeguata informativa agli interessati, formulata in un linguaggio semplice e chiaro, comprensibile anche per i minori (cfr. da ultimo su tutti questi profili il Vademecum del GPDP “La scuola a prova di privacy 2025”). Fatta questa premessa, si risponde di seguito ai quesiti formulati. 1. Circa la pubblicazione dei podcast sul sito di documentazione didattica accessibile a tutti, si osserva che essa costituisce diffusione di dati personali. La diffusione dei dati personali (come la voce degli alunni) è considerata una forma di trattamento particolarmente invasiva e lecita solo se prevista da specifiche disposizioni di settore. La diffusione in rete espone, infatti, i relativi dati a rimanere disponibili per un tempo indefinito. Così si esprime, ancora una volta, il Vademecum del GDPD “La scuola a prova di privacy” circa la pubblicazione online dei voti e degli elenchi delle classi prime. Pertanto, pubblicare i podcast in un contesto accessibile a tutti non è consentito senza un'idonea base giuridica specifica per la diffusione (base giuridica che NON esiste). Si sconsiglia dunque di ricorrervi, anche solo indicando la classe e non i nominativi dei singoli alunni che vi hanno preso parte, dal momento che questi ultimi potrebbero comunque risultare astrattamente identificabili, anche se non immediatamente identificati. 2. Circa la pubblicazione all'interno della Classroom con accesso limitato, si osserva che essa rientra in una forma di comunicazione limitata a soggetti determinati, funzionale all'attività didattica. Poiché l'accesso è ristretto all'ambito didattico e la conoscenza dei dati personali (le voci) è limitata alla ristretta comunità scolastica coinvolta nel progetto, tale trattamento è generalmente ammissibile in quanto coerente con le finalità istituzionali della scuola per l'erogazione della didattica. È comunque essenziale assicurare la trasparenza del trattamento mediante apposita informativa. Si consiglia inoltre di prevedere il relativo progetto nel PTOF di Istituto che, in quanto atto amministrativo generale, può fornire (forse) la base giuridica per un simile trattamento dei dati personali (cfr. art. 2-ter, comma 1 del D.Lgs. n. 196/2003: “La base giuridica prevista dall'articolo 6, paragrafo 3, lettera b), del regolamento è costituita da una norma di legge o di regolamento o da atti amministrativi generali.”). In questo caso, la condivisione del dato all'interno di un ambiente protetto per finalità didattica va comunque limitata, dal punto di vista temporale, al tempo strettamente necessario al compimento di detta attività. 3. Circa l’utilizzo in un incontro in presenza di restituzione alle famiglie, rientra anch’esso nell'ambito di una comunicazione a soggetti determinati e in un contesto controllato e limitato alla comunità scolastica interessata. Questo utilizzo è finalizzato alla documentazione e restituzione del percorso didattico ed è generalmente consentito, purché sia stata fornita l'idonea informativa alle famiglie riguardo all'uso dei dati personali (voce) degli studenti a tale scopo e sia stata inserita apposita previsione nel PTOF di Istituto, alla luce della normativa sopra richiamata. 4. Quanto alla radio scolastica si osserva invece quanto segue. Riguardo alla realizzazione di una radio scolastica, i limiti e le procedure dipendono dall'ambito di diffusione del progetto. Secondo la normativa vigente (Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi, D.Lgs. 208/2021, e Delibera AgCom 295/23/CONS), un'istituzione scolastica non può essere autorizzata all'esercizio di una web radio pubblica (sia in diretta, che tramite servizi a richiesta come i podcast diffusi al pubblico in modo non lineare). L'autorizzazione è riservata a soggetti privati con un oggetto sociale attinente all'attività radiotelevisiva o editoriale. Il citato decreto n. 208/2021 disciplina la fornitura di servizi di media audiovisivi, tra cui i servizi radiofonici trasmessi tramite internet, identificati all’interno dello stesso come i servizi radiofonici “su altri mezzi di comunicazione”, con ciò intendendosi le reti di comunicazione elettronica diverse da quelle satellitari e terrestri. Il suo art. 18, c. 3 stabilisce a questo proposito: “L'autorizzazione alla prestazione di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica è rilasciata dall'Autorità sulla base della disciplina stabilita con proprio regolamento.” Su tale profilo è intervenuta quindi la richiamata Delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 295/23/CONS del 22/11/2023 recante, per l’appunto, “Regolamento concernente la disciplina relativa al rilascio dei titoli autorizzatori alla fornitura di servizi di media audiovisivi e radiofonici via satellite, su altri mezzi di comunicazione elettronica e a richiesta”. Ivi, all’art. 4, intitolato “Servizi di media audiovisivi o radiofonici lineari su altri mezzi di comunicazione elettronica” – là dove i servizi lineari sono quelli che gli utenti ricevono passivamente (come le dirette) a differenza di quelli non lineari (che sono servizi on demand, quali i podcast) alla luce dell’art. 1, c. 1, lettere f) e g) della delibera in oggetto – si esclude la possibilità che una amministrazione pubblica possa essere autorizzata all’esercizio di una web radio. Esso stabilisce infatti: “1. La fornitura di servizi di media audiovisivi o radiofonici lineari su altri mezzi di comunicazione elettronica è assoggettata ad autorizzazione. 2. L’autorizzazione può essere rilasciata a società di capitali o di persone, società cooperative, fondazioni riconosciute e non riconosciute, associazioni riconosciute e non riconosciute e imprese individuali: […] b) che hanno per oggetto sociale l’esercizio di attività radiotelevisiva, editoriale o comunque attinente all’informazione e allo spettacolo; […]”. Ugualmente, l’art. 6 della Delibera AgCom citata, circa i servizi radiofonici a richiesta, dispone: “1. La fornitura di servizi di media audiovisivi o radiofonici a richiesta, indipendentemente dalla rete di comunicazione elettronica impiegata, è assoggettata ad autorizzazione generale. I fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici a richiesta inviano all’Autorità una segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni. 2. L’autorizzazione può essere rilasciata a società di capitali o di persone, società cooperative, fondazioni riconosciute e non riconosciute, associazioni riconosciute e non riconosciute e imprese individuali: […] b) che hanno per oggetto sociale l’esercizio di attività radiotelevisiva, editoriale o comunque attinente all’informazione o allo spettacolo; […]”. Da ciò si deduce che una istituzione scolastica non può essere autorizzata alla “messa in onda” tramite internet né di dirette live né di podcast, sotto forma di web radio. Ciò trova conferma nel fatto che anche le esperienze avviate in tal senso da alcune amministrazioni si sono interrotte negli anni, quantomeno dopo l’approvazione della delibera del 2023. Pertanto, la scuola può legittimamente realizzare solo un progetto di "radio" interna (radio scolastica) i cui materiali (podcast o dirette) devono essere circoscritti alla comunità scolastica. La fruizione può avvenire mediante la messa in onda sull'area riservata del sito istituzionale o attraverso la "filodiffusione" all'interno dell'edificio scolastico. Limitando la fruizione all'interno della "cerchia ordinaria" della scuola e perseguendo finalità educative non lucrative, si evita inoltre l'obbligo di corrispondere il compenso per il diritto d'autore per l'uso di opere musicali (art. 15, c. 2 della legge n. 633/1941). In tal caso, poiché la radio scolastica tratterà la voce degli alunni (dato personale) a fini didattici e formativi i passaggi da compiere si possono compendiare nei seguenti: 1. informativa e trasparenza. L'istituto scolastico (titolare del trattamento) ha l'obbligo di fornire una chiara informativa agli "interessati" (studenti, docenti, famiglie) su come verranno trattati i loro dati personali. L'informativa deve specificare che le finalità sono limitate al perseguimento delle funzioni istituzionali; 2. inclusione nel PTOF e regolamento. Il progetto della radio scolastica deve essere inserito nel PTOF e attuato tramite l'adozione di un regolamento (specificando ad esempio i limiti interni di diffusione, i contenuti ammessi, le modalità di controllo preventivo dei contenuti medesimi). I contenuti devono essere coerenti con gli obiettivi formativi del PTOF. In sintesi, per un progetto radiofonico interno, gli snodi fondamentali sono: l'obbligo di trasparenza (informativa) e l'assicurazione che il trattamento sia limitato alle finalità didattiche, rimanendo esclusivamente confinato alla comunità scolastica, nonché la coerenza del progetto e dei contenuti in esso trattati con il PTOF.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Valutazione della possibilità di conferire supplenze brevi e saltuarie a collaboratori scolastici che hanno in corso un rapporto di lavoro privato part-time...
  • Gentile utente, nel caso sottoposto si applicano le disposizioni dell'art. 53 del DLGS 165\2001, relativamente alla compatibilità del rapporto di impiego pubblico con altri rapporti di lavoro che prevedono: 1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del presente decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali." Come si evince dalle norme citate, il regime dell'esclusività del rapporto di pubblico impego con altri rapporti di lavoro è applicato a tutti i dipendenti pubblici , con esclusione dei dipendenti con rapporto a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno e nell'ultimo caso sempre considerando la compatibilità degli impieghi nell'interesse dell'amministrazione e l'assenza di conflitti di interesse. Nel caso sottoposto pertanto i collaboratori scolastici potrebbero essere assunti solo al 50% dell'orario, cioè con contratto di 18 ore settimanali e non con supplenza di 36 ore ciascuna e comunque a condizione che le attività lavorative nel privato siano compatibili come orari e non siano in conflitto di interesse con la prestazione di servizio nella scuola.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Comitato di Valutazione nominato prima del rinnovo del Consiglio di Istituto: occorre sostituire i membri decaduti?
  • In base all’art. 11 del D.Lgs. n. 297/1994, così come modificato dal comma 129 dell’art. 1 della legge n. 107/2015, “Presso ogni istituzione scolastica ed educativa è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il comitato per la valutazione dei docenti. 2. Il comitato ha durata di tre anni scolastici, è presieduto dal dirigente scolastico ed è costituito dai seguenti componenti: a) tre docenti dell'istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto; b) due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto; c) un componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. […]” Nello stabilire la composizione del suddetto organo collegiale e la sua durata, il T.U. Istruzione non fa riferimento né alla composizione del consiglio di istituto né alla sua durata in carica. Infatti, il consiglio di istituto non è vincolato a scegliere i membri di sua spettanza tra gli appartenenti al consiglio stesso, posto che – sotto tale profilo – la disposizione normativa citata non sancisce alcun limite. In ipotesi il consiglio di istituto può individuare i componenti di sua spettanza anche al di fuori del consiglio. Inoltre, l’art. 11 del D.Lgs. n. 297/1994 non vincola la durata del comitato alla sua: la fissa in tre anni scolastici, senza eccezione alcuna, a prescindere dalla durata in carica del consiglio di istituto. Da ciò discende che i componenti nominati dal consiglio di istituto durano in carica tre anni scolastici, al pari di tutti gli altri. Per quanto riguarda l’insediamento del comitato, non vi è una disposizione normativa che detti regole specifiche per il caso concreto. Tuttavia, l’art. 40 del D.Lgs. n. 297/1994, collocato tra le “Norme comuni” agli organi collegiali, dispone: “In mancanza dei regolamenti interni previsti dal presente titolo gli organi collegiali operano sulla base di regolamenti tipo predisposti dal Ministero della pubblica istruzione.” In mancanza di un proprio regolamento, si ritiene che l’istituzione scolastica debba fare tuttora riferimento al regolamento-tipo adottato con C.M. n. 105/1975 che – a tale proposito – afferma (art. 15): “Il comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti è convocato dal preside: a) in periodi programmati, ai sensi del precedente art. 2, per la valutazione del servizio richiesta da singoli interessati a norma dell'art. 66 del D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417; b) alla conclusione dell'anno prescritto, agli effetti della valutazione del periodo di prova degli insegnanti, ai sensi dell'art. 58 del D.P.R. 31 maggio 1974 n. 417; c) ogni qualvolta se ne presenti la necessità.” Dunque, di fatto, non vi è necessità di una riunione di insediamento del comitato di valutazione, posto peraltro che, per legge, il presidente di tale organo è già individuato nel dirigente scolastico. Ciò significa che, in caso di necessità, vi è chi è titolato a convocare e presiedere le relative riunioni (la cui scelta è solitamente scopo precipuo delle sedute di insediamento). Tuttavia, se il dirigente ravvede l’esigenza di adottare un regolamento del comitato, al fine di garantire maggiore speditezza ai lavori dello stesso nel rispetto delle altre disposizioni applicabili (ad esempio, l’art. 13 del D.M. n. 226/2022 sulla procedura per l’espressione del parere sui docenti neoassunti), è allora opportuno (ma non obbligatorio, lo si ripete) che il comitato venga convocato in vista della sua elaborazione e approvazione prima di dar luogo alla valutazione dei neoimmessi. Altrimenti, la prima seduta del comitato può coincidere con la convocazione dei docenti neoassunti per l’espressione del parere sul loro periodo di prova, tanto più che in quella sede esso si riunisce nella sola componente docenti, integrato di volta in volta dal tutor del docente interessato. Si sottolinea infine che il comitato è tuttora investito della competenza a deliberare i criteri per la valorizzazione dei docenti, come disposto dal comma 2 dell’art. 11 più volte citato.

    Data di pubblicazione: 12/12/2025

  • Ridistribuzione delle economie residue del FIS in altre voci del fondo nell’anno scolastico successivo senza vincoli di destinazione specifici...
  • L’art. 78, comma 9, del CCNL di comparto 2019/21 prevede espressamente che: “Il contratto collettivo di cui al comma 8 è stipulato, di norma, con cadenza triennale e individua criteri di riparto che assicurino l’utilizzo integrale delle risorse disponibili in ciascun anno scolastico, ivi incluse quelle eventualmente non assegnate negli anni scolastici precedenti. Queste risorse possono essere destinate anche a finalità diverse da quelle originarie.”. Pertanto tutte le eventuali economie che derivino dalle diverse voci in cui è articolato il Fondo MOF possono essere utilizzate nell’anno scolastico successivo ad integrazione del nuovo Fondo MOF per le stesse finalità ma anche per finalità diverse, come quella relativa all’incremento del FIS; quindi non esiste più il vincolo di destinazione iniziale.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Assenze cicliche e trattamento dei giorni festivi/feriali: indicazioni per l’inserimento di sabato e domenica...
  • Relativamente al congedo parentale e congedo per malattia del bambino, il comma 5 dell’art. 34 del CCNL 2024 prevede che i periodi di assenza di cui ai precedenti commi 3 e 4 (congedo parentale e congedo per malattia del bambino), nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice (prima il riferimento normativo era l'art. 12 del CCNL 2007 citato nei pareri ARAN che andiamo a riportare). Pertanto, alla luce della suddetta disposizione contrattuale, se tra due periodi di congedo parentale/ malattia del bambino non intercorre almeno un giorno di lavoro effettivo, devono essere computati o come congedo parentale o come congedo malattia anche i sabati e le domeniche ricompresi tra gli stessi. A supporto si riporta l'orientamento SCUOLA 060 del 23/05/2013. "Nel caso di assenza di un dipendente di tipo ciclica, cioè che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, le giornate del sabato e della domenica come devono essere computate? Si fa presente che ai sensi dell'art. 12, comma 6, del CCNL 29/11/2007 (congedi parentali) "6. I periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice." In relazione alla nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, da voi citata, sembra chiaro, dall’esempio relativo al caso 2, che nel quesito da voi esposto ci si trovi di fronte ad un’assenza di tipo ciclica che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, in quanto le assenze per L. 104 ricadono all’interno di due differenti frazioni di congedo parentale senza nessuna ripresa del servizio". La citata Nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, fornisce una serie di esempi e modalità di computo del congedo. Nel caso in cui un lavoratore, con orario di lavoro articolato su cinque giorni lavorativi (c.d. settimana corta), fruisca di congedo parentale nel seguente modo: 1^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale Sabato e domenica 2^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie - malattia - assenza ad altro titolo Sabato e domenica 3^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie o malattia o assenza ad altro titolo Sabato e domenica 4^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale il sabato e la domenica compresi tra la seconda e la terza settimana non sono computabili, né indennizzabili a titolo di congedo parentale in quanto tali giorni - compresi in un periodo unico di congedo parentale posto che, dalla prima alla quarta settimana, non vi è ripresa dell’attività lavorativa - risultano comunque ricompresi all’interno di un periodo di assenza fruita ad altro titolo (periodo neutro ai fini di interesse). Viceversa, il sabato e la domenica ricadenti tra la prima e la seconda settimana e tra la terza e la quarta sono computabili ed indennizzabili in conto congedo parentale in quanto tali giorni cadono, rispettivamente, subito dopo e subito prima il congedo parentale richiesto. Quanto sopra vale anche nei casi in cui il lavoratore alterni congedo parentale e ferie nel seguente modo: dal martedì al giovedì = congedo parentale venerdì = ferie sabato e domenica lunedì= ferie dal martedì a giovedì = congedo parentale. Anche in tale ultima ipotesi, infatti, il sabato e la domenica non si computano a titolo di congedo parentale in quanto inclusi in un periodo, seppur breve, di ferie (venerdì e lunedì). A chiarimento di quanto sopra esposto l'INPS fornisce ancora due possibili casi: Caso 1 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = ripresa del lavoro Caso 2 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = congedo parentale venerdì = ripresa del lavoro Nel primo caso (caso 1) il sabato e la domenica rimangono evidentemente esclusi dal computo del congedo parentale in quanto la frazione di congedo termina il venerdì (infatti, successivamente alle ferie, il lavoratore riprende l’attività lavorativa). Viceversa, nel secondo caso (caso 2), il sabato e la domenica vanno conteggiati ed indennizzati in conto congedo parentale in quanto tali giorni sono compresi in un’unica frazione di congedo (dal lunedì della prima settimana al giovedì della seconda) e ricadono immediatamente dopo il congedo parentale. I criteri sopra indicati trovano applicazione anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, avendo già richiesto un periodo di congedo parentale, presenti un’altra domanda (o diverse domande) di congedo parentale determinanti di fatto una proroga del periodo di congedo precedentemente richiesto. L'ARAN, con l'O.A. CIRS46 24 febbraio 2021 ha ulteriormente precisato che nell’ipotesi, ad esempio, che il lavoratore o la lavoratrice richiedano 4 giorni di congedo parentale (lunedì –giovedì), 1 giorno di ferie (venerdì) e successivamente altri 4 giorni di congedo parentale (lunedì – giovedì), il sabato e la domenica ricadenti nei due periodi di congedo, non essendo gli stessi intervallati dal ritorno al lavoro, sono considerati congedo parentale e conteggiati nell’ambito di tali assenze. Inoltre, l’ARAN, con l’Orientamento Applicativo CIRS41 del 24 febbraio 2021 ha fornito il seguente chiarimento. "Qual è l’esatto computo dei periodi di congedo parentale chiesti dal personale della scuola per ciascuno dei propri due figli, dal lunedì al venerdì per il primo figlio e dal lunedì al venerdì successivi per il secondo? Ai fini del computo del predetto periodo, debbano essere considerati anche il sabato e la domenica, in osservanza delle precisazioni dell’art. 12, comma 6, del CCNL 2006-2009 del comparto scuola ( ora art. 34 CCNL 2024)? Nel merito del quesito, si ritiene opportuno rilevare che l’art. 12 del CCNL del 29/11/2007 del comparto scuola, al comma 6, espressamente dispone che i periodi di congedo parentale “nel caso di fruizione continuativa comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadono all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice” (analoga previsione è contenuta nel CCNL 2024 art. 34). L’aver considerato i giorni festivi o, comunque, non lavorativi ricompresi all’interno dell’istituto del congedo parentale comporta che, sotto il profilo contrattuale, il calcolo di tale periodo di assenza debba effettuarsi tenendo conto di tutti i giorni di calendario ricadenti nel periodo di congedo richiesto. Diverso è, invece, il caso prospettato da codesto istituto, in quanto la/il dipendente chiede due periodi di congedo riferiti a bambini diversi. L’ipotesi in esame, a parere della scrivente Agenzia, è assimilabile al caso di fruizione di due diversi istituti con la conseguenza che se la/il dipendente riprende effettivamente servizio il lunedì successivo al secondo periodo di congedo parentale le giornate di sabato e domenica non rientrano nel computo del congedo parentale. A fortiori, si richiama sia la circolare n. 2/2011 del Dipartimento della Funzione Pubblica, che con riferimento al congedo biennale così chiarisce “Il congedo è fruibile anche in modo frazionato (a giorni interi, ma non ad ore). Affinché non vengano computati nel periodo di congedo i giorni festivi, le domeniche e i sabati (nel caso di articolazione dell'orario su cinque giorni), è necessario che si verifichi l'effettiva ripresa del lavoro al termine del periodo di congedo richiesto. Tali giornate [il sabato e la domenica] non saranno conteggiate nel caso in cui la domanda di congedo sia stata presentata dal lunedì al venerdì, se il lunedì successivo si verifica la ripresa dell'attività lavorativa ovvero anche un'assenza per malattia del dipendente o del figlio”, sia il messaggio Inps 18 ottobre 2011, n. 19772, che nel fornire ulteriori precisazione per i criteri di computo ed indennizzo del congedo parentale di cui agli artt. 32 e ss. del d.lgs. 151/2001, ritiene non computabili il sabato e la domenica compresi in un periodo unico di assenza ma fruita ad altro titolo". Tutto ciò premesso, in applicazione delle indicazioni suesposte ( seppur riferite al congedo parentale), nel caso di specie si ritiene che le giornate del 22 e 23 novembre siano da imputare a malattia del bambino.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Video pubblicati sui social da uno studente maggiorenne con contenuti offensivi verso docenti e scuola: dubbi sulla copertura fornita dal regolamento interno...
  • Dirigo un istituto di secondaria superiore. Con email anonima ho ricevuto segnalazione di un video di Tiktok pubblicato da un mio studente maggiorenne (visualizzazione pubblica) in cui lo studente si vanta addirittura di xxxxxx a scuola e insulta pesantemente un docente xxxxxxxx, sostenendo che xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx. Il ragazzo non fa nomi né della scuola (che però figura nel suo profilo, pubblico) né del docente (che però è riconoscibile dato che cita la materia di insegnamento).

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Un alunno con disabilità registra le lezioni e le conversazioni in classe: entro quali limiti è possibile accettare questo comportamento?
  • Un genitore, padre di un alunno con diversa abilità, che frequenta la classe xxxxx, ha dichiarato pubblicamente che il proprio figlio è dotato di uno strumento con il quale registra sistematicamente le lezioni e in particolare le conversazioni del figlio con i compagni e con il personale scolastico. Come devo comportarmi?

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Cumulo dei permessi ex L. 104/1992: valutazione della possibilità di fruire di tre benefici...
  • Per quello che concerne il cumulo dei benefici è utile chiarire che per legge e in relazione alle vigenti disposizioni, la possibilità di cumulare i permessi previsti dall’art.33 co. 3 della legge 104/92 per più familiari, soggetti riconosciuti disabili in situazione di gravità (riconoscimento dell’art.3 co.3 della legge), non è preclusa. Nel merito, l’art. 6 del D.lgs. n. 119 del 2011 correttivo dello stesso art. 33 comma 3 della legge (permessi per assistenza al familiare), restringe la platea dei legittimati alla fruizione dei permessi. Infatti, la nuova condizione aggiunta al comma 3 dell'art. 33 della legge precisa: “Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado oppure entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.”. La norma va intesa nel senso che il cumulo di più permessi in capo allo stesso lavoratore è ammissibile solo a condizione che il famigliare da assistere sia il coniuge o un parente o un affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora entrambi i genitori o il coniuge della persona in situazione di handicap grave abbiano compiuto i 65 anni o siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti e il cumulo delle agevolazioni sarà consentito al massimo per l'assistenza nell'ambito del secondo grado di parentela o affinità (circolare FP 1/2012 al punto 4, circolare INPS 32/2011). Nel caso specifico, nel grado di parentela stabilito dal codice civile artt.74-75-78, i familiari indicati nel quesito, sono da considerare: a) il figlio in linea retta di 1^ grado b) la nonna sempre in linea retta di 2^ grado c) mentre, lo zio del marito in linea collaterale di 3 grado. Pertanto per quanto evidenziato e, in risposta si ritiene che: a)l’interessata può fruire dei permessi per la nonna del marito che, come evidenziato nel quesito è senza altri parenti quindi, in caso di cumulo deve essere considerata come eccezione; b)questi permessi, invece, non possono essere cumulati con i permessi per lo zio del marito, affine di terzo grado, perché per legge escluso dalla platea dei soggetti avente diritto nel cumulo dei benefici. Quindi, questi permessi devono essere immediatamente revocati con contestuale recupero dei giorni già fruiti a tale titolo. Al riguardo, all’interessata, può essere data l’opportunità di una diversa giustificazione per i giorni già fruiti, la possibilità di richiedere una diversa tipologia di assenza, quale ad esempio, l’aspettativa per motivi di famiglia o giorni di ferie se possibile. Al riguardo, tuttavia, si ritiene corretto sottolineare l’importanza di una puntuale verifica sul diritto ai permessi da parte dell’amministrazione proprio per evitare un uso improprio e le successive conseguenze economiche e giuridiche. c)Viceversa, per quanto chiarito al punto a) e b), l’interessata può cumulare i permessi per il figlio con i permessi per la nonna del marito.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Viaggi di istruzione oltre soglia: possibilità di ricorrere all’affidamento diretto in caso di gara deserta, alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 6600/2025...
  • La sentenza in esame, che abbiamo recuperato, tratta un caso in cui il valore dell’affidamento è di poco superiore a 101.000 euro: di qui la ragione per cui è evocata la lett. b) del comma primo dell’art. 50 D.Lgs. 36/2023. I punti nodali della decisione sono due: “In caso di gara deserta, come nel caso di specie, il d.lgs. n. 36/2023 prevede la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza bando, ai sensi dell'art. 76, oppure all'affidamento diretto, a seconda della tipologia e dell'importo del contratto, con una valutazione discrezionale della stazione appaltante […] Nel caso di specie non è ravvisabile alcuna macroscopica irragionevolezza o illogicità nella scelta dell’amministrazione comunale che, a fronte di due gare andate deserte, invece di bandire la terza gara, ha ritenuto di assicurare tempestivamente il servizio di trasporto scolastico mediante l’affidamento diretto per un anno e senza alcun rinnovo, al fine di essere certa di garantirne l’operatività per l’apertura dell’anno scolastico” “in presenza dei presupposti di legge l’opzione tra procedura negoziata ex art. 76 e affidamento diretto ex art. 50 del d.lgs. n. 36/2023 rientra nella discrezionalità dell’amministrazione che nel caso in questione ha motivato la preferenza per il secondo metodo con la finalità di evitare un dilungamento dei tempi della procedura” La ragione per cui il Consiglio di Stato ammette l’ipotesi dell’affidamento diretto è il valore dell’affidamento, nel caso in esame inferiore alla soglia di 140.000 euro. La risposta al quesito è pertanto negativa: non ci sarà modo di procedere ad affidamento diretto per cifre superiori a 140.000 euro.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Individuazione degli accompagnatori per i viaggi e le visite guidate: competenze e criteri di selezione...
  • I docenti accompagnatori degli studenti per la realizzazione dei viaggi di istruzione e delle visite guidate sono formalmente incaricati dal dirigente scolastico con particolare riguardo al numero degli studenti che partecipano all’attività. Nella Nota MPI 14 ottobre 1992, n. 291 concernente Visite guidate e viaggi d'istruzione o connessi ad attività sportive si prevede: “quanto al numero (gli accompagnatori debbono essere menzionati nella deliberazione del consiglio di circolo o di istituto), mentre da un lato si ritiene che la più ampia partecipazione serva a soddisfare al meglio le necessità della sorveglianza e dell'apporto didattico, non si può d'altro canto non tener conto delle inderogabili esigenze di contenimento della spesa pubblica. Alla luce di tali considerazioni, si conviene che nella programmazione dei viaggi debba essere prevista la presenza di almeno un accompagnatore ogni quindici alunni, fermo restando che l'eventuale elevazione di una unità e fino ad un massimo di tre unità complessivamente per classe può essere deliberata, sempre che ricorrano effettive esigenze connesse con il numero degli studenti e il bilancio dell'istituzione scolastica lo consenta […] Nel caso di partecipazione di uno o più alunni in situazione di handicap, si demanda alla ponderata valutazione dei competenti organi collegiali di provvedere, in via prioritaria, alla designazione di un qualificato accompagnatore contemplato al primo capoverso del presente punto, nonché di predisporre ogni altra misura di sostegno commisurata alla gravità della menomazione” (par. 8.2). Va rilevato che la cosiddetta indennità di missione a favore dei docenti accompagnatori oggi non è più prevista. Sempre la Nota MPI 14 ottobre 1992, n. 291 dispone che “ai fini del conferimento dell'incarico, il direttore didattico o il preside, nell'ambito delle indicazioni fornite dal consiglio di circolo o di istituto e secondo le modalità e i criteri fissati al precedente capoverso, individua i docenti, tenendo conto della loro effettiva disponibilità, prima di procedere alle relative designazioni. La medesima linea procedurale sarà seguita ai fini delle eventuali integrazioni o sostituzioni, ove non sia stato raggiunto il numero degli accompagnatori richiesto. Deve essere assicurato, di norma, l'avvicendamento dei docenti accompagnatori, in modo da escludere che lo stesso docente partecipi a più di un viaggio di istruzione nel medesimo anno scolastico. Tale limitazione non si applica alle visite guidate, pure essendo comunque sempre auspicabile una rotazione dei docenti accompagnatori, al fine di evitare frequenti assenze dello stesso insegnante” (par. 8.3). La Nota MPI 14 ottobre 1992, n. 291 precisa, inoltre, che “è opportuno che vengano individuati tra i docenti appartenenti alle classi frequentate degli alunni partecipanti al viaggio e siano preferibilmente di materie attinenti alle sue finalità. Nei viaggi finalizzati allo svolgimento di attività sportive, la scelta degli accompagnatori cadrà sui docenti di educazione fisica, con l'eventuale integrazione di docenti di altre materie cultori dello sport interessato o in grado per interessi e prestigio di aggiungere all'iniziativa una connotazione socializzante e di promuovere un contatto interdisciplinare che verifichi il binomio cultura-sport. Per i viaggi all'estero, si deve curare che almeno uno degli accompagnatori possieda un'ottima conoscenza della lingua del Paese da visitare” (par. 8.1). Quanto previsto dalla nota citata fa riferimento alla stagione ‘pre-autonomia’ e va, quindi, riletto alla luce del rinnovato ordinamento. Come evidente, il dirigente scolastico individua di norma i docenti accompagnatori sulla base innanzitutto della disponibilità comunicata dai docenti stessi. La formulazione di specifici criteri si rende necessaria soprattutto qualora i docenti disponibili ad accompagnare gli studenti siano in numero eccedente le effettive necessità. A tal fine l’istituzione scolastica si può senz’altro dotare di uno specifico atto di autoregolamentazione che disciplini la realizzazione dei viaggi di istruzione e delle visite didattiche (‘regolamento’ dei viaggi di istruzione e delle visite didattiche) da far deliberare al consiglio di istituto, previo parere del collegio dei docenti per quanto attiene agli aspetti specificamente didattico-formativi. All’interno di tale atto possono essere formulati criteri di massima per l’individuazione delle caratteristiche dei docenti accompagnatori (si pensi a quanto sopra citato dal par. 8.1. della Nota MPI 14 ottobre 1992, n. 291 “è opportuno che vengano […] almeno uno degli accompagnatori possieda un'ottima conoscenza della lingua del Paese da visitare”), fermo restando che spetta al dirigente scolastico, responsabile della gestione del personale, individuare i docenti da impegnare in tali attività tenendo necessariamente conto della complessiva organizzazione delle attività didattiche (vale a dire che le attività che si svolgono all’interno della scuola non possono essere irrimediabilmente pregiudicate dalla mancanza di docenti impegnati nei viaggi e nelle visite didattiche).

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Gestione della supplenza in caso di rifiuto della proroga da parte del primo candidato: possibilità di assegnazione al secondo in graduatoria...
  • Gentile utente, il completamento può essere offerto all'altro supplente solo se è in posizione utile nella graduatoria per l'attribuzione del contratto. Quindi la scuola deve controllare la posizione del supplente ed eventualmente qualora fosse il primo a dover essere convocato, può offrirgli il completamento, senza convocare altri aspiranti. Il completamento è possibile a condizione che il primo supplente al momento dell'attribuzione del primo contratto non abbia avuto disponibilità del posto intero e non lo abbia rifiutato in favore dello spezzone. Il regolamento delle supplenze del personale ata D.M. 430\2000 tuttora vigente all'art. 4 comma 1 dispone che: "1. L'aspirante cui viene conferita una supplenza con orario ridotto in conseguenza della costituzione di posti di lavoro a tempo parziale per il personale di ruolo, conserva titolo, in relazione alle utili posizioni occupate nelle varie graduatorie di supplenza, a conseguire il completamento d'orario fino al raggiungimento dell'orario ordinario di lavoro previsto per il corrispondente personale di ruolo."

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Il personale ATA durante le vacanze può richiedere i permessi per L. 104?
  • La nostra risposta è affermativa, di seguito le motivazioni. La ratio dell’intera legge 104/92, formula una serie di norme speciali e deroghe rispetto alla normativa ordinaria e, si colloca come valore costituzionale in favore dei soggetti più deboli, che hanno la facoltà di esercitare tale diritto secondo modalità che rispondono prioritariamente alla loro tutela. Il lavoratore dipendente che usufruisce dei permessi previsti dall’art. 33 comma 3, peer assistenza materiale e morale al familiare disabile con connotazione di gravità accertata ex art.3 comma 3 della legge oggi, definita persona con disabilità avente necessità di sostegno intensivo (art. 3-4 del D.lgs. 62/2024) soggetto diretto, è considerato soggetto indiretto. Questi permessi, possono essere richiesti da tutti i lavoratori dipendenti sia del settore privato che del comparto del pubblico impiego, scuola compresa, siano essi lavoratori a tempo indeterminato, che a tempo determinato (in costanza del rispettivo contratto di lavoro vigente,) che in part-time. L’amministrazione/scuola datore di lavoro ha solo l’onere della verifica del diritto ai permessi al momento della richiesta. Mentre, per il lavoratore, la Funzione Pubblica nella circolare 13/2010 e ancor prima nel parere 13/2008 ( stesse regole INPS settore privato) richiama l’attenzione degli interessati ai permessi e, quindi, nel nostro caso al personale scuola ATA, che salvo dimostrate situazioni di urgenza, per la fruizione dei permessi, l'interessato dovrà comunicare al dirigente competente le assenze dal servizio con congruo anticipo, se possibile con riferimento all'intero arco temporale del mese, al fine di consentire la migliore organizzazione dell'attività amministrativa. Al riguardo, per il solo personale ATA esclusi i docenti, l’art. 68 del CCNL vigente ha previsto quanto segue. 1. I dipendenti ATA hanno diritto, ove ne ricorrano le condizioni, a fruire dei tre giorni di permesso di cui all' art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Tali permessi sono utili al fine delle ferie e della tredicesima mensilità e possono essere utilizzati ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili. 2. Al fine di garantire la funzionalità del servizio e la migliore organizzazione dell’attività amministrativa, il dipendente, che fruisce dei permessi di cui al comma 1, predispone, di norma, una programmazione mensile dei giorni in cui intende assentarsi, da comunicare all’ufficio di appartenenza all’inizio di ogni mese. 3. In caso di necessità ed urgenza, la relativa comunicazione può essere presentata nelle 24 ore precedenti la fruizione dello stesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il dipendente utilizza il permesso. Quindi, per legge e per contratto, per il personale ATA, non è previsto nessun impedimento alla fruizione dei permessi anche durante le vacanze pertanto, la richiesta non può essere rifiutata.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Chiarimenti in merito alla tempistica di presentazione della richiesta di congedo parentale ad ore...
  • In premessa una breve sintesi. Come noto il congedo parentale, ai sensi dell’art. 32 del D.lgs. 151/01 e ss.mm., per legge può essere fruito anche ore. Trattasi di un diritto potestativo della madre e del padre, il dipendente che richiede il congedo parentale che sia a mesi, a giorni o a ore, è titolare di un vero e proprio diritto. Non si tratta di assenze che debbano essere autorizzate discrezionalmente dal dirigente. Il dirigente scolastico deve solo verificare la sussistenza dei presupposti di legge e prendere atto del diritto ad assentarsi del dipendente [Cass. n. 17984 del 2010; Cass. n. 16207 del 2008; Cass. n. 67422 del 2012]. In merito alla possibilità di usufruirne a ore, lo stesso articolo, prevede che la modalità di fruizione sia regolamentata dalla contrattazione collettiva di settore che, nello specifico, deve definire: • le modalità di fruizione del congedo ad ore; • i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Qualora la contrattazione collettiva non intervenga, anche a livello aziendale (contrattazione di istituto nel caso della scuola, Interpello n. 25/2013 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), la fruizione del congedo su base oraria deve avvenire in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadri-settimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. E’ evidente che in mancanza di una regolamentazione specie per i docenti risulta difficile stabilire l’esatta metà dell’orario medio giornaliero. In merito alle propedeutiche indicazioni e in mancanza di precise regole, come per altre analoghe risposte, si considerano le indicazioni INPS di cui alla circolare n. 152 del 18/8/2015. In particolare viene precisato che, in assenza di ulteriori specificazioni di legge, per orario medio giornaliero si intende l’orario strutturale contrattualmente previsto, 36 ore per il personale ATA, 25-24-18 per il personale docente e, proprio con riferimento ai docenti, il calcolo della metà dell’orario non può essere considerato con frazioni di orario in minuti. Per quello che concerne il calcolo, l’introduzione del congedo parentale su base oraria non ha modificato le regole di indennizzo del congedo stesso; pertanto il congedo parentale è indennizzato su base giornaliera anche nel caso in cui la fruizione avvenga in modalità oraria. In merito specificatamente a quando deve essere presentata la relativa domanda, il comma 3 dello stesso art. 32 precisa: “Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l'inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria”. La stessa INPS nel messaggio numero 2704 del 23-07-2024( nuova implementazione delle domande) rammenta, che il termine contenuto nell'articolo 32 del decreto legislativo n. 151/2001 prevede un preavviso minimo, non inferiore a 5 giorni (2 giorni per il congedo parentale fruito a ore), ma non esclude un preavviso superiore. D’altronde questo termine è la stessa regola indicata nell’art. 34 comma 6 e 7 del vigente CCNL relativa al congedo parentale in generale. Quindi, si ritiene che questa condizione prevista per legge, sia da considerare valida. Quindi, per quanto chiarito e in risposta al quesito, sia in considerazione dell’art.32 del decreto ma anche dell’articolo. 34 del CCNL, si ritiene corretto presentare la domanda 5 giorni prima e massimo entro 2 giorni (in caso di comprovate ragioni di urgenza) dall'inizio del congedo.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Rilevazione delle assenze di un docente e gestione dei sabati e delle domeniche tra periodi di malattia e congedo parentale...
  • Relativamente al congedo parentale e congedo per malattia del bambino, il comma 5 dell’art. 34 del CCNL 2024 prevede che i periodi di assenza di cui ai precedenti commi 3 e 4 (congedo parentale e congedo per malattia del bambino), nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice (prima il riferimento normativo era l'art. 12 del CCNL 2007 citato nei pareri ARAN che andiamo a riportare). Pertanto, alla luce della suddetta disposizione contrattuale, se tra due periodi di congedo parentale/ malattia del bambino non intercorre almeno un giorno di lavoro effettivo, devono essere computati o come congedo parentale o come congedo malattia anche i sabati e le domeniche ricompresi tra gli stessi. A supporto si riporta l'orientamento SCUOLA 060 del 23/05/2013. "Nel caso di assenza di un dipendente di tipo ciclica, cioè che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, le giornate del sabato e della domenica come devono essere computate? Si fa presente che ai sensi dell'art. 12, comma 6, del CCNL 29/11/2007 (congedi parentali) "6. I periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all'interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice." In relazione alla nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, da voi citata, sembra chiaro, dall’esempio relativo al caso 2, che nel quesito da voi esposto ci si trovi di fronte ad un’assenza di tipo ciclica che ha inizio con un periodo di congedo parentale e termina con la fruizione dello stesso congedo, intervallato da altra tipologia di assenza, senza però che si verifichi il rientro effettivo del docente, in quanto le assenze per L. 104 ricadono all’interno di due differenti frazioni di congedo parentale senza nessuna ripresa del servizio". La citata Nota INPS n. 19772 del 18 ottobre 2011, fornisce una serie di esempi e modalità di computo del congedo. Nel caso in cui un lavoratore, con orario di lavoro articolato su cinque giorni lavorativi (c.d. settimana corta), fruisca di congedo parentale nel seguente modo: 1^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale Sabato e domenica 2^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie - malattia - assenza ad altro titolo Sabato e domenica 3^ settimana: dal lunedì al venerdì = ferie o malattia o assenza ad altro titolo Sabato e domenica 4^ settimana: dal lunedì al venerdì = congedo parentale il sabato e la domenica compresi tra la seconda e la terza settimana non sono computabili, né indennizzabili a titolo di congedo parentale in quanto tali giorni - compresi in un periodo unico di congedo parentale posto che, dalla prima alla quarta settimana, non vi è ripresa dell’attività lavorativa - risultano comunque ricompresi all’interno di un periodo di assenza fruita ad altro titolo (periodo neutro ai fini di interesse). Viceversa, il sabato e la domenica ricadenti tra la prima e la seconda settimana e tra la terza e la quarta sono computabili ed indennizzabili in conto congedo parentale in quanto tali giorni cadono, rispettivamente, subito dopo e subito prima il congedo parentale richiesto. Quanto sopra vale anche nei casi in cui il lavoratore alterni congedo parentale e ferie nel seguente modo: dal martedì al giovedì = congedo parentale venerdì = ferie sabato e domenica lunedì= ferie dal martedì a giovedì = congedo parentale. Anche in tale ultima ipotesi, infatti, il sabato e la domenica non si computano a titolo di congedo parentale in quanto inclusi in un periodo, seppur breve, di ferie (venerdì e lunedì). A chiarimento di quanto sopra esposto l'INPS fornisce ancora due possibili casi: Caso 1 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = ripresa del lavoro Caso 2 da lunedì a venerdì = congedo parentale sabato e domenica da lunedì a mercoledì = ferie giovedì = congedo parentale venerdì = ripresa del lavoro Nel primo caso (caso 1) il sabato e la domenica rimangono evidentemente esclusi dal computo del congedo parentale in quanto la frazione di congedo termina il venerdì (infatti, successivamente alle ferie, il lavoratore riprende l’attività lavorativa). Viceversa, nel secondo caso (caso 2), il sabato e la domenica vanno conteggiati ed indennizzati in conto congedo parentale in quanto tali giorni sono compresi in un’unica frazione di congedo (dal lunedì della prima settimana al giovedì della seconda) e ricadono immediatamente dopo il congedo parentale. I criteri sopra indicati trovano applicazione anche nell’ipotesi in cui il lavoratore, avendo già richiesto un periodo di congedo parentale, presenti un’altra domanda (o diverse domande) di congedo parentale determinanti di fatto una proroga del periodo di congedo precedentemente richiesto. L'ARAN, con l'O.A. CIRS46 24 febbraio 2021 ha ulteriormente precisato che nell’ipotesi, ad esempio, che il lavoratore o la lavoratrice richiedano 4 giorni di congedo parentale (lunedì –giovedì), 1 giorno di ferie (venerdì) e successivamente altri 4 giorni di congedo parentale (lunedì – giovedì), il sabato e la domenica ricadenti nei due periodi di congedo, non essendo gli stessi intervallati dal ritorno al lavoro, sono considerati congedo parentale e conteggiati nell’ambito di tali assenze. Pertanto, nel caso di specie, si ritiene che la scuola possa applicare i criteri di calcolo precisati dall'ARAN e dall'INPS che abbiamo sopra riportato e quindi formuliamo le seguenti considerazioni. In riferimento alla fattispecie descritta nel quesito riteniamo che le giornate di 4/5 ottobre e 8/9 novembre siano da imputare a congedo parentale.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Richiesta di permessi L. 104 per assistenza al fratello con coniuge non lavoratore: condizioni per il riconoscimento del beneficio...
  • I permessi previsti dall’art. 33, comma 3 della legge 104/92 per legge, possono essere richiesti da tutti i lavoratori dipendenti sia del settore privato che del comparto del pubblico impiego, siano essi lavoratori a tempo indeterminato che a tempo determinato in costanza del rispettivo contratto di lavoro vigente che in part-time. Trattasi dei cosiddetti permessi per assistenza al familiare disabile in situazione di gravità, il fratello (in linea collaterale di 2^ grado -art. 75 del c.c.) rientra a tutti gli effetti nella platea dei familiari avente diritto. In riferimento alla documentazione a corredo della domanda, la Funzione Pubblica, per quello che concerne tutto il personale del pubblico impiego (ma stesse indicazioni per il settore privato da parte dell’INPS), nella circolare 13/2010 al punto 7 indica alcuni precisi presupposti. Presupposto principale e indispensabile per la fruizione dei permessi è che la persona sia soggetto con disabilità grave riconosciuto ai sensi dell’art. 3 comma 3 della stessa legge 104/92 quindi, alla domanda è necessario allegare il relativo verbale di accertamento. Inoltre, deve essere allegata una dichiarazione sostituiva di certificazione presentata ai sensi degli artt. 46 e 47e, sottoscritta ai sensi dell’art. 76 dalla stessa docente che attesti: - che il familiare non è ricoverato a tempo pieno (si intende per ricovero a tempo pieno quello che si svolga nelle 24 ore) presso strutture ospedaliere o comunque presso strutture pubbliche o private che assicurino assistenza sanitaria, fatte salve alcune possibili eccezioni; - che i permessi sono uno strumento di assistenza del disabile e pertanto il loro riconoscimento comporta la conferma dell’impegno morale e giuridico a prestare la propria opera di assistenza; - che è consapevole che la possibilità di fruire dei permessi comporta un onere per l’Amministrazione e un impegno di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per l’effettiva tutela del disabile; - che si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione delle condizioni necessarie al diritto ai permessi; che altri familiari utilizzano o non utilizzano degli stessi permessi mensili per assistenza al familiare. Questa ultima condizione, dopo le modifiche di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), n. 2), del decreto legislativo n. 105/2022 con decorrenza dal 13 agosto 2022, stabilisce che fermo restando il limite complessivo di tre giorni, per l’assistenza allo stesso individuo con disabilità in situazione di gravità, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più soggetti tra quelli aventi diritto, che possono fruirne in via alternativa tra loro. Di fatto è stata abrogata la condizione di Referente Unico, infatti, tale previsione normativa comporta che, a differenza del passato, più soggetti aventi diritto possano richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi in argomento alternativamente tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave. Con la firma, sulla dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 76, il dichiarante si assume ogni responsabilità e deve essere anche consapevole che:” Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso (…) nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia anche penale. L'esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso”. In merito poi, alla platea dei familiari avente diritto, la stessa Funzione Pubblica già nel parere n. 13/2008 ha avuto modo di precisare che “si ritiene che la circostanza che tra i parenti del disabile vi siano altri soggetti che possono prestare assistenza non esclude la fruizione dell’agevolazione da parte del lavoratore se questi non chiedono o fruiscono dei permessi (eventualmente perché non impiegati). In tale ottica si richiama l’orientamento della Corte di Cassazione, sez. lav., nella decisione 20 luglio 2004, n. 13481:”Si deve concludere che né la lettera, né la ratio della legge escludono il diritto ai permessi retribuiti in caso di presenza in famiglia di persona che possa provvedere all’assistenza”. In conclusione, il beneficio in questione non è subordinato alla presenza di altri familiari in grado di assistere il familiare con disabilità grave. Quindi, per quello che concerne la nostra risposta, considerato il principio universale di assistenza, presupposto principale della stessa legge 104/92, si ritiene che la richiesta non può essere rifiutata.

    Data di pubblicazione: 11/12/2025

  • Sostituzione della caldaia da parte dell'ente proprietario: quali attestazioni deve acquisire il DS?
  • Si premette che all’Ente proprietario dell’edificio scolastico spetta l’obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici adibiti a scuola, quindi il dovere di rendere l’immobile idoneo all’uso scolastico ai sensi dell’art. 3, comma 1, Legge 11 gennaio 1996, n. 23. Alla luce del suddetto dettato normativo si osserva che la Corte di Cassazione, con Sentenza n. 30143 del 15 luglio 2016, si è espressa nei seguenti termini: « […] nell'ambito della gestione della sicurezza negli istituti scolastici bisogna distinguere le misure di tipo "strutturale ed impiantistico", di competenza dell'ente locale proprietario dell'immobile, e titolare del resto del potere di spesa necessario per adottare le dovute misure, e gli adempimenti di tipo unicamente "gestionale" ed organizzativo spettanti invece all'amministrazione scolastica […].» Ciò premesso, in merito alla sostituzione della caldaia dell’impianto di riscaldamento dell’edificio il Dirigente scolastico è tenuto a richiedere formalmente (tramite P.E.C.) all’Ente proprietario che ha commissionato i lavori, copia dei sotto indicati documenti: 1. Dichiarazione di Conformità (Di.Co.) o Dichiarazione di Rispondenza (Di.Ri.): Questo è il documento più importante rilasciato dall’impresa installatrice abilitata, ai sensi del D.M. n. 37/2008. Attesta che l’impianto è stato realizzato a regola d’arte secondo il citato D.M. 37/2008 e in conformità alla normativa vigente. 2. Libretto di Impianto per la Climatizzazione: Documento obbligatorio che raccoglie i dati dell’impianto, i consumi e i risultati delle verifiche periodiche. Deve essere aggiornato dopo la sostituzione della centrale termica, secondo il modello unico previsto dal D.M. 10 febbraio 2014, che sostituisce i precedenti libretti. 3. Verifiche periodiche: a) Efficienza energetica (controllo fumi/combustione): Rapporti rilasciati da organismi abilitati, specifici per caldaie di nuova installazione e impianti termici. Il rapporto deve essere redatto dall’installatore o dal manutentore abilitato in occasione della prima accensione (o prima messa in esercizio). b) Messa a terra: Verbali di verifica periodica dell’impianto di messa a terra, rilasciati da soggetti abilitati, come previsto dal DPR 462/2001. c) Gas Fluorurati (F-Gas): Se applicabile, attestazioni relative alla manutenzione e controllo dei circuiti frigoriferi (es. per chiller se collegati). 4. Registrazione al Catasto Termico Regionale/Provinciale. L’impresa installatrice deve provvedere alla registrazione della sostituzione dell’impianto e all’invio del Rapporto di Efficienza Energetica al Catasto Unico Regionale degli Impianti Termici (CIT) o equivalente (la denominazione può variare a seconda della Regione). 5. Verbali di collaudo: Documentazione che attesta la corretta esecuzione e il collaudo tecnico dell’installazione della nuova centrale termica. 6. Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) e/o Certificato Prevenzione Incendi (CPI): Se l’intervento ha comportato modifiche significative al carico termico o agli impianti, potrebbe essere necessaria una nuova SCIA o un aggiornamento del CPI ai sensi del D.Lgs 139/2006 e normative antincendio. 7. Verbale di consegna dei lavori e collaudo tecnico-amministrativo da parte dell’Ente proprietario. Per concludere, il Dirigente scolastico/datore di lavoro responsabile della sicurezza dell’edificio, deve essere in possesso della suddetta documentazione sia ai fini dell’integrazione del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) sia per le richieste delle verifiche periodiche rivolte all’Ente proprietario dell’immobile.

    Data di pubblicazione: 10/12/2025

  • Gestione di una richiesta di accesso ad una relazione di una psicologa, già trasmessa alla Procura presso il Tribunale dei minorenni...
  • Nei mesi scorsi abbiamo raccolto la confidenza di una studentessa di classe xx della scuola secondaria di xxxxx che raccontava di una difficile situazione...

    Data di pubblicazione: 10/12/2025

  • Consigli di classe calendarizzati in giornata di sciopero: indicazioni sul numero legale dei docenti necessari per la validità della seduta...
  • Circa la premessa (comportamento antisindacale del differimento della seduta del consiglio di classe convocato in giorno per il quale è stato indetto uno sciopero del personale), si osserva che è senz’altro possibile che i docenti sindacalizzati, qualora sia disposto il differimento, contestino l’operato del dirigente minacciando ricorsi per comportamento antisindacale. Ma, alla luce di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, in un eventuale rinvio della riunione consiliare non sono ravvisabili gli estremi del comportamento antisindacale represso dall’art. 28 della legge 300/1970. La giurisprudenza infatti, considerato che il comportamento antisindacale non è, in base alla legge, una condotta precisamente tipizzata, ne ha precisato i connotati distintivi nella "realizzazione in tutti gli atti, posti in essere dal datore di lavoro, volti a impedire, limitare, comprimere, condizionare, vanificare il libero esercizio del diritto di sciopero”. Nel merito si riscontrano alcune sentenze di grande rilevanza della Corte di Cassazione; in particolare Cass. civile, sezione lavoro, 29 novembre 1991, n. 12822 (riportata in sintesi nel testo di Sergio Govi, Diritti sindacali nella scuola dell’autonomia, Spaggiari Editore, 2000, pag. 61), secondo cui “il datore di lavoro (nella fattispecie il ministero della Pubblica Istruzione) infatti è legittimato ad utilizzare ogni strumento legale idoneo ad evitare o attenuare gli effetti negativi dello sciopero, senza impedirne l’esercizio”. Sulla stessa linea la sentenza della Corte di Cassazione (sentenza 15782 del 19/7/2011), secondo cui non è “ravvisabile condotta antisindacale se non si impedisce l’astensione e si reagisce nei limiti consentiti e non assume rilievo che, in ragione del ricorso ai rimedi leciti, lo sciopero finisca per assumere una minore capacità di incidenza". Del resto rientra nei poteri del dirigente scolastico, che opera nella circostanza come datore di lavoro, riorganizzare nel giorno dello sciopero il servizio sulla base della sua valutazione “prognostica” (così si esprime il MIM nelle consuete comunicazioni alle scuole degli scioperi indetti), dandone comunicazione con giusto anticipo. Detto questo, veniamo al quesito posto: qual è il “quorum strutturale” o costitutivo del consiglio di classe? Sulla questione non c’è una posizione univoca. Dalla lettura dell’art. 37 comma 1, del D.Lgs. 297/1994 (“Per la validità dell’adunanza del collegio dei docenti , del consiglio di circolo e di istituto, del consiglio scolastico distrettuale, del consiglio scolastico provinciale e relative sezioni, del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e relativi comitati , nonché delle rispettive giunte, è richiesta la metà più uno dei componenti in carica”) si potrebbe deduce che il legislatore abbia inteso escludere per i consigli di intersezione, interclasse e classe la necessità, per il regolare svolgimento della seduta, della presenza della metà più uno dei componenti in carica. Altri ritengono che nella circostanza il legislatore sia incorso in un “lapsus calami” e che quindi anche per le riunioni dei consigli di classe debba esser rispettata la norma generale degli organi collegiali (ovvero presenza della metà più uno dei componenti). Chi scrive ritiene che, nella disparità di valutazioni, sia opportuno per il dirigente assumere una posizione realistica e pragmatica: ovvero ritenere comunque valida la riunione, pur con presenze inferiori alla metà più uno dei componenti, quando la riunione ha all’ordine del giorno informazioni, comunicazioni, consultazioni di massima ma di esigere l’ordinario “quorum” costitutivo quando l’ordine del giorno prevede delle deliberazioni. E non vi è dubbio che l’assegnazione agli studenti del giudizio orientativo rientri in quest’ultima fattispecie.

    Data di pubblicazione: 10/12/2025

  • Modalità di comunicazione interna del piano delle attività in assenza di pubblicazione su Amministrazione Trasparente e sito della scuola...
  • Preliminarmente, si conferma il parere di questa Redazione, riportato in risposta ad altri quesiti, sul fatto che il Piano delle attività del personale scolastico, ove contenga le singole attività dei dipendenti e i rispettivi orari individuali, non possa e non debba essere pubblicato nella sezione "Amministrazione Trasparente" del sito della scuola. L'impossibilità di tale pubblicazione, tuttavia, non preclude la possibilità di rendere noto a tutto il personale il Piano delle attività attraverso altri canali, che non ne comportino diffusione. Se ne elencano alcuni, ad esempio: - pubblicazione nell'area riservata del sito della scuola, accessibile esclusivamente dal personale; - invio sulle mail istituzionali dei dipendenti, ovvero sulle caselle di posta interna generate dal software di gestione di segreteria; - affissione cartacea nelle bacheche interne della scuola, in aree accessibili dal solo personale docente e/o ATA. In definitiva, può essere adottata qualunque modalità che restringa la consultazione del Piano delle attività ai soli dipendenti dell'istituzione scolastica. Il dirigente potrà eventualmente accompagnare la pubblicazione, nei modi suddetti, con una breve comunicazione in cui ricordi che il personale è vincolato al segreto d'ufficio, in osservanza dell'art. 12, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Della pubblicazione del Piano, effettuata attraverso uno dei suddetti canali riservati, potrà darsi conoscenza mediante avviso che potrà essere pubblicato sul sito della scuola, anche al fine di assicurarsi che il personale sia conscio delle modalità in cui è stato trasmesso il Piano medesimo. Ovviamente, la comunicazione va limitata alle informazioni essenziali ai fini dello svolgimento dei rispettivi servizi, evitando la comunicazione di situazioni personali/familiari/di salute delle persone che non sono pertinenti.

    Data di pubblicazione: 10/12/2025

  • Procedure e tempistiche per il rientro nel ruolo docente dei dirigenti scolastici assunti dal concorso ordinario...
  • La restituzione al ruolo di provenienza è disciplinata dall'articolo 515 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il cui testo è il seguente: “1. Il personale già appartenente ad altro ruolo del personale ispettivo, direttivo e docente può a domanda essere restituito al ruolo di provenienza con effetto dall'inizio dell'anno scolastico successivo alla data del provvedimento di restituzione. 2. Il provvedimento di restituzione è disposto dal direttore generale o capo del servizio centrale competente per il personale appartenente ai ruoli nazionali e, per il personale appartenente ai ruoli provinciali, dal provveditore agli studi. 3. [omissis] 4. Il personale restituito al ruolo di provenienza assume in esso la posizione giuridica ed economica che gli sarebbe spettata nel caso di permanenza nel ruolo stesso”. La norma non prevede alcun termine specifico. Si ritiene, in particolare, che non sia applicabile al caso in questione il disposto di cui all'articolo 14, comma 5 del CCNL 11/04/2006, che prevede la possibilità del recesso, senza obbligo di preavviso, decorsa la metà del periodo di prova. Tale norma, infatti, si applica nel caso in cui il dirigente intenda interrompere il rapporto di lavoro e non nel caso in cui chieda la restituzione al ruolo di provenienza. La domanda in questione può dunque essere presentata dal dirigente scolastico in qualunque momento dopo l'assunzione e senza alcun termine di scadenza. Come previsto dall'art. 515, comma 1 sopra riportato, gli effetti decorrono, normalmente, dal 1° settembre dell'anno successivo alla data del provvedimento di restituzione. Tuttavia, tale disposizione non va considerata un vincolo per l'amministrazione, nel senso che questa, a nostro parere, può autorizzare la restituzione anche con diversa decorrenza, sempre che esista disponibilità di posto nel ruolo di provenienza. Ciò determina che, come abbiamo potuto constatare, le domande di restituzione, presentate nei giorni successivi alla presa di servizio, ovvero quando i posti lasciati liberi dai dirigenti neoassunti non sono stati ancora ricoperti da altro personale, siano generalmente accolte e sia possibile ottenere proprio il posto occupato dal dirigente in precedenza, come docente. Se la domanda viene presentata dopo le nomine del personale a tempo determinato, non potendosi evidentemente risolvere i relativi contratti, l'accoglimento immediato della domanda diventa più difficile ed è inevitabile che la decorrenza della restituzione non possa che decorrere dal termine ordinario del 1° settembre successivo. Se la domanda di restituzione, comunque, viene presentata durante il primo anno di servizio come dirigente e prima dell'inizio delle operazioni di mobilità, ci sono buone possibilità - ma non la certezza - di riottenere la medesima sede di precedente titolarità. Si ritiene, infatti, che sia applicabile l'articolo 7 del CCNI per la mobilità del personale scolastico docente e ATA per il triennio 2025/2028. Tale disposizione prevede che l'assegnazione della sede ai richiedenti la restituzione al ruolo di provenienza preceda le operazioni di mobilità; ciò permette, di norma, il rientro nella sede di precedente titolarità come docente. Tuttavia, nel caso in cui il posto non sia più disponibile per un qualunque motivo (ad esempio, per contrazione di organico) la restituzione dovrà necessariamente essere disposta su altra sede disponibile. Si consiglia, pertanto, qualora si voglia effettivamente richiedere la restituzione al ruolo docente rientrando nella scuola di precedente titolarità, di presentare la domanda durante il primo anno di servizio e prima dell'inizio delle operazioni di mobilità del personale docente. In caso contrario, la domanda potrebbe comunque essere soddisfatta, ma le possibilità di riottenere la sede precedente sarebbero ridotte. Ribadiamo, comunque, che tale rientro sulla sede precedente non è comunque certo, dal momento che è subordinato al mantenimento dell'organico e che, se la classe di concorso richiesta fosse in esubero sull'intera provincia, la restituzione non sarebbe possibile su nessuna sede.

    Data di pubblicazione: 10/12/2025

  • Piano annuale delle attività ATA: va pubblicato integralmente in amministrazione trasparente?
  • Il piano annuale delle attività ata deve essere pubblicato integralmente su amministrazione trasparente e sito della scuola o devono essere...

    [1-25] di 41895

    Eventi
    in presenza

    Tutti gli appuntamenti

    Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella COOKIE POLICY.

    Gentile utente, se vede questo messaggio è possibile che ci sia un problema con l'account che sta utilizzando per accedere a Italiascuola.it.

    Per verificare che il suo utente sia abilitato, selezioni l'icona del profilo in alto a destra. L'account sul quale cliccare presenterà l'icona "ITLS" sulla sinistra.

    Se l'icona "ITLS" non è presente, significa che il suo utente non è abilitato. Se desidera abbonarsi oppure richiedere il nostro supporto, visiti la sezione "Abbonamenti e Contatti" presente sul sito. Grazie!